Con gli occhi di un bambino

Fantasmi. Solo fantasmi. Di quelli che ti fanno svegliare di notte, tutto spaventato, e che ti fanno chiamare la mamma per essere tranquillizzato.
Ma non aspettavo l'ora di rivederli e vincere la mia paura, la paura di un bambino di 5 anni.
Sulle vetrine dei negozi le prime locandine con le immagini di quelle statue che avrebbero sfilato tra qualche giorno per le vie della mia città portate e scortate da quei fantasmi.
"Perdune", così gli adulti chiamano questi fantasmi. Che nome strano! Ma tutto questo mistero mi affascinava.
Giovedì Santo. Dovevo essere lì, davanti al portone della chiesa del Carmine. Dopo un anno li avrei rivisti.
La gente è tanta, ma i bambini devono stare avanti. E grazie alla mia giovane età, il posto assicurato in prima fila era garantito.
Alle 15 puntuali, il portone si spalanca. Da una zona d'ombra, lentamente avanzano verso la luce. Eccoli i miei "fantasmi", le perdune.
Proprio come i fantasmi che nel loro movimento emettono un rumore di catene, così anche le perdune  emettono un suono particolare mentre si nazzecano. Questo il termine che usano gli adulti per definire questo strano movimento.
Rimanevo pietrificato. Li fissavo. Andavano a coppia.
Dove sono le braccia e le gambe? Sono sicuro! Sono esseri sovrannaturali.
Chissà se si sono accorti della mia presenza. Portano un cappuccio e due piccolissimi forellini. Chissà come faranno ad non inciampare, ad evitare mozziconi di sigarette, schegge di vetri rotti, pietruzze. Saranno insensibili al dolore? Certamente sarà così.
Prendevo forza dalla vicinanza di altri bambini. Loro piangevano e tornavano indietro dai loro genitori. Io no! Continuavano a stare lì, anche se impaurito, dovevo sapere di più su questi "perdune".
Dal portone ne uscivano altre, le poste, tutte uguali, tutte copie della prima.
Volevo avvicinarmi e magari sfiorarli, ma quella mazza bianca con quel pomello nero era terrificante. Se era vero ciò che sentivo dire dagli altri genitori, se fossi stato cattivo quella mazza mi sarebbe arrivata in testa. Meglio non rischiare.
Con discrezione scattavo qualche foto.
Ma era giunto il momento della Messa In Coena Domini. Dovevo, per il momento, salutare le "perdune", perché quella che si doveva  svolgere in chiesa era una funzione davvero importante.
Ad un tratto un rumore particolarissimo, ferro e legno, attirano la mia attenzione. Dal fondo della chiesa un "perdono" con in mano una piccola tavola di legno, intagliata con maestria, che veniva agitata velocemente. Da lì proveniva quel rumore. Ma più si avvicinava, più mi rendevo conto che non era davvero un rumore: era piuttosto un suono, una stranissima melodia che ti catturava come il canto di una sirena.
Fui totalmente attratto da quel suono che non mi accorsi di un dettaglio non da poco: il "perdono" non aveva il cappuccio abbassato sul volto. Aveva un volto! Non era un alieno, era un uomo, un uomo come tutti gli altri.
Erano in 12. E si posizionarono tutti sull'altare, che per l'occasione era stato trasformato in un tappeto verde con fiori bianchi e rosa. Come si chiamava? Ah si, il Sepolcro.
Tutto incuriosito domandai:"Ma chi sono quelli?"
La risposta che mi stavano per dare sarebbe stata un terremoto nella mia vita:"Quelli sono i discepoli, gli amici di Gesù!"
Ormai il seme nel mio cuore era stato gettato. Sarei divenuto anche io un "amico di Gesù".
Undici anni dopo divenni confratello del Carmine.
Una scelta fatta in piena consapevolezza. Solo dopo, con la maturità compresi anche la gravosa responsabilità che comportava la mia scelta.
Indossando lo scapolare, accolsi Maria nel mio cuore e nella mia vita. Divenni "totus tuus".
Indossando la mozzetta, divenni depositario, difensore e prosecutore delle nostre tradizioni e dei nostri riti.
Da confratello, in seguito anche dell'Addolorata, divenni uno dei 12 nella funzione In Coena Domini, divenni una coppia di "perdune" che entra nelle chiese tarantine per adorare il Santissimo Sacramento, con la mozzetta nera divenni una posta che scorta quel meraviglioso simulacro raffigurante la Vergine Addolorata, la cui devozione negli anni si è accresciuta sempre più, accolsi sulle mie spalle il peso di alcune statue dei Sacri Misteri.
Sono passati 20 anni!
Tanti i momenti, tanti i ricordi, tanta l'emozione, tanti i cambiamenti, tante le nuove avventure che dovrò ancora affrontare.
Sono padre, ho dei figli. Sono ancora piccoli per comprendere e capire gesti, suoni ed immagini. Ma nei loro occhi leggo già lo stupore e la meraviglia. Quella che provavo io? Questo non lo so dire!
Ma sono incuriositi. Mi seguono quando indosso il cappuccio. Già! Per loro non sono "perdune", ne tanto meno confratello, sono "cappuccio".
Si stupiscono quando, da incappucciato, non mi riconosco e accettano con fiducia le garanzie sulla mia identità da parte di mia moglie.
Mi sono stati vicino quando ho avuto l'onore di partecipare ai Riti.
Mi hanno dato forza. Dopo una dura nottata, è bastata la loro vista per ritrovare nuove energie.
E da quei piccoli fori sul cappuccio, li osservavo. Chissà quale pensiero la loro mente, ancora così ingenua, ha elaborato in quei momenti.
Perché papa fa questo? Perché va con il volto coperto e a piedi nudi?
Avrà sonno? Come fa a stare tutto questo tempo in piedi?
Domande piene di tenerezza, quella tenerezza che solo il cuore puro di un bambino può fare.




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