La mia Adorazione alla Croce


Dopo alcuni anni sono tornato a svolgere nella V domenica di Quaresima la pratica dell'Adorazione alla Croce.
Adorazione che si svolge in abito di rito, preludio di ciò che vivremo durante la Settimana Santa: i piedi scalzi che sentono il freddo del pavimento, il cappuccio abbassato, le nazzecate al suono delle marce funebri.
Non è la prima volta che ho il privilegio e l'onore di svolgere questo rito ma noto, dopo ormai 20 anni di appartenenza, che ogni volta vivo questo momento in maniera del tutto particolare.
Mentalmente e fisicamente mi isolo!
Mi piace sostare, prima di dare inizio al rito, in cappellina ed osservare i tanti confratelli, molti dei quali giovani e alla prima esperienza. Come d'altronde il mio compagno di posta di quest'anno.
Le loro domande, il loro chiedere chiarimenti, il vederli provare la loro prima nazzecata, il loro non sapersi sistemare e legare il rosario all'avambraccio.
Anche io ero come loro nel lontano 1998: agitato, preoccupato di non sbagliare gesti e movimenti, eppure con tanto entusiasmo.
E quello che ho realizzato domenica sera in cappellina e' che a me questo entusiasmo non si è spento.
Dopo tutto questo tempo in cui di fatti e di eventi ne ho visti e vissuti, belli e brutti, voluti e subiti, il mio entusiasmo non si è  spento. E niente e nessuno lo spegnerà.
Mi sento ancora quel giovane confratello che assilla la mamma a stirare camice, mozzetta e cappuccio alla perfezione, che si emoziona quando prepara l'abito, che lucida in maniera quasi maniacale il medagliere del rosario. Quel giovane confratello che sale sull'oratorio in trepidazione perche' non vede l'ora di indossare il suo abito, di mettere i "piedi a terra".
Quel " giovane" confratello vive ancora nel mio cuore solo con vent'anni di esperienza.
Essere osservato da alcuni giovani confratelli mentre indossi l'abito senza bisogno di aiuto, ti sistemi da solo camice, scapolare e cappello.
E loro che ti domandano:"France, come fai?" E tu per infondere in loro fiducia rispondi: "Un po' di esperienza, anche voi ci riuscirete!"
Poi pensi alla gente che quelle cose te le ha insegnate. Al tuo maestro dei novizi, a Peppe, ad Antonello ed altre persone che ti hanno insegnato ad avere cura e rispetto del tuo abito e di tutto ciò che riguarda " 'a cungrega".
Ti sale un nodo in gola. Molte cose sono cambiate. Intorno a te vedi volti diversi, volti nuovi, anche la stessa chiesa non è più uguale a quella di vent'anni fa, ma tutto questo diventa cornice in questo momento. I tuoi ricordi, i tuoi affetti li mantieni vivi nel tuo cuore. Ora stringi in mano il tuo bordone, sei pronto a compiere e mantere vivo un rito.
Poi il tuo compagno di posta ti chiama. Tocca a noi. Siamo la posta numero 26. Nel 1998 fui la prima posta, la posta fatta da novizi. Ora quel numero, 26, mi fa capire ancora di più che sono diventato un "confratello adulto" (è presto per definirmi "anziano")

1998, Adorazione alla Croce, 1 posta Marangi-D'Ippolito

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