Le "perdune"


Eccoli, dunque, i "perdoni" nella strada: la folla, ora, anch'essa dal mattino compie la sua visita di rito: ma non è triste: si gode la vacanza: cammina in fretta, vocia s'accalca, ma ciò non turba il passo dei fratelli del Carmine.
Vanno essi, nel mezzo della via, come statue di gesso, ondanti, ritmici: pare che una catena li vincoli alle caviglie...Varcano le soglie sacre e il passo non mutava: avanzavano poggiando il bordone sul pavimento con tonfi secchi: giungevano presso la coppia che li aveva preveduti e pregava in ginocchio, e attendevano: quelli si calavano il cappuccio sul volto e si levavano: poi otto braccia si incrociavano su quattro petti, i rosari battevano contro le mazze, suonavano le medaglie; la seconda coppia si genufletteva, la prima riprendeva il suo passo.
E andavano senza tregua....seguitavano tutta notte finché le strade si facevano deserte, e il sonno invadeva le case, e appariva all'orizzonte, pallida di dolore, la luna della Settimana Santa.
 (Cesare Giulio Viola, Pater)
Le "perdune". Non possono essere che loro l'immagine più rappresentativa della  Settimana Santa.
Ma voglio impostare questo post in maniera differente. Parlare delle "poste" in una ottica nuova.
Quando indossiamo l'abito della nostra confraternita tutte le differenze, sociali, status economico, vengono annullate. 
Non c'è più il professionista, l'imprenditore, l'operaio, il disoccupato; ci sono solo confratelli. Tutti uguali, tutti rivestiti di Maria.
Ci chiamiamo "frate'", perché anche il dialetto entra nella nostra confraternita con la sua spontaneità, con la sua  genuinità, ma soprattutto come patrimonio culturale di un popolo.
Ma proprio durante i Riti emerge forte il valore ed il significato egualitario della "posta", come una "livella", per citare una famosissima poesia di Totò.
Sappiamo bene il modo con cui vengono assegnati i simboli delle nostre processioni: le "gare".
Io le difendo, le difendero' sempre, intendiamoci.
Ma quanti di voi potranno dire di essere stati troccolanti? Pochi!
Quanti, invece, potranno dire di essere stati "perdune", una posta? Tutti: il giovane confratello che mette da parte la mazzetta ricevuta dai genitori, il disoccupato, il padre di famiglia, il ricco imprenditore, il medico, l'avvocato. 
Tutti noi abbiamo provato e vissuto questa esperienza. 
Tutti noi sappiamo che significa e cosa si prova a percorrere le vie del borgo e della Taranto di un tempo tra la gente, subendo anche gli sfotto' di qualche impertinente.
Tutti noi sappiamo cosa significa avere al tuo fianco un tuo fratello che ti offre la sua spalla per concederti qualche minuto di riposo.
Tutti noi sappiamo cosa significa recitare assieme al tuo fratello un Ave Maria sotto il cappuccio o scambiarsi solamente qualche battuta, ma certi di ascoltare la sua voce.
È questo simbolo, la posta, che ci rende fratelli, che ci unisce e non ci divide. Non è un simbolo "discriminatorio".
Con la "posta" continuiamo ad essere tutti uguali, non si creano dissidi, non si creano malumori, non si creano incomprensioni e rivalità tra di noi.
È questo un simbolo che, a mio avviso, andrebbe maggiormente rivalutato e magari valorizzato.

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