La Settimana Santa fra cent'anni. Una responsabilità per i confratelli: il dovere di tramandare la tradizione per non assistere a mutamenti irreparabili

Articolo tratto da "Taranto tradizionale"

"Forse la maggior parte dei confratelli più giovani non si rende conto dell'importante e al tempo stesso inevitabile responsabilità che grava sulle loro spalle dal momento in cui, in un modo o nell'altro, prendono parte ai Riti della Settimana Santa tarantina. Indossare l'abito di una confraternita non comporta solamente un impegno spirituale, l'adempimento di un'etica comportamentale, il rispetto e la consapevolezza di reggere dei simboli sacri; oltre a tutto questo, esiste un obbligo non contemplato dalle norme che regolamentano le processioni pasquali, ma che ugualmente è un dovere di ogni confratello: tramandare la tradizione.
Spesso si abusa un po' troppo o si fa cattivo uso della parola tradizione, le si vuole attribuire un significato che, a volte, va al di là del suo senso effettivo, ma per quanto riguarda questo dovere che ogni confratello ha di trasmetterla ai propri amici od ai propri figli, non ci sono equivoci.
Non si può ipotizzare che una tradizione, per quanto entusiasmante ed attrente possa essere, sopravviva nella speranza che, occasionalmente dei giovani si avvicinino ad essa. E' necessario se non quasi indispensabile, che l'amore e la passione per certe cose venga trasmesso da persone che a loro volta amano e desiderano che questi riti non muoiano mai.
Tale compito non è facile, i duri attacchi che la Settimana Santa tarantina riceve di anno in anno, vengono accusati ma non evitati dalla ferma convinzione di continuare a tutti i costi quella tradizione che resiste da oltre un secolo.
Oggigiorno gli interessi dei giovani sono senza dubbio più vari e stimolanti ma, malgrado tutto, ancora molti sono i volti di ragazzi che si nascondono dietro quei cappucci, che si segnano di stanchezza, sofferenza e commozione, dopo ore e ore di penitenza. Tutto bene, dunque, per adesso. Ma domani, che cosa accadrà? (ricordo che l'articolo è del 1988) I sentimenti che legano i tarantini a questi riti saranno ancora gli stessi o anch'essi si adegueranno ai già allarmanti sintomi di cambiamento che fin d'ora si intravedono nelle nostre splendide tradizioni?
Spesso siamo abituati a sforzare la nostra fantasia per immaginare com'erano questi Riti decine e decine di anni fa, aiutati ovviamente dai documenti e dalle testimonianze dell'epoca, ma difficilmente proiettano la "tradizione" che intrinsecamente possiede il significato di passato, nel futuro. In pratica, è possibile supporre come saranno i nostri riti e le nostre processioni fra cent'anni? I nostri figli o nipoti vedranno sfilare le poste in pellegrinaggio tra grattacieli mozzafiato di vetro e acciaio, o il progresso cancellerà anche loro? Le confraternite sapranno tener testa al suggeguirsi di innovazioni e scoperte tecnologiche? Le meravigliose statue dei Misteri saranno sostituite da sculture moderne ed illuminate da raggi laser oppure sapranno sfidare il tempo e sconfiggerlo senza pietà? Potrà lo sguardo commosso di un confratello o di un fedele, ammirare il mantello dell'Addolorata gonfiarsi ad un soffio di vento o anche questa dolce immagine sarà solamente un ricordo? 
E' facile intuire dunque in che cosa consiste questa responsabilità che i confratelli devono assumersi nei confronti di coloro che un domani dovranno coltivare, almeno ce lo auguriamo, questo patrimonio inestimabile che la città di Taranto possiede quasi inconsapevolmente. Il compito dei nostri figli potrebbe essere notevolmente facilitato se noi fossimo in grado di tramandare loro una tradizione ancora integra da modifiche ed innovazioni affinchè il nostro amore ed impegno di oggi diventi il loro di domani"

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