Se muore il "paese" (Nicola Caputo tratto da "Settimana Santa nascosta, 1987)

...I riti della Settimana Santa hanno rappresentato in ogni tempo un momento di generale coinvolgimento per la comunità tarantina. Protagonisti, in quei due giorni, diventano tutti e non solo i confratelli che partecipano al pellegrinaggio ai Sepolcri e alle due processioni. E così, dal primo pomeriggio del Giovedì Santo e sino alla tarda mattinata di Sabato Santo, tutta la città si stringe attorno ai suoi perdùne, ammira la loro nazzecàte, visita i Sepolcri, si riversa sul pendio San Domenico e si commuove al passaggio della statua dell'Addolorata; attende con impazienza l'uscita dei Misteri e li lascia solo dopo che il portone del Carmine si è definitivamente chiuso alle spalle dell'ultima statua...
....si tratta di cultura popolare che va opportunamente coltivata nei suoi molteplici aspetti.
Cultura popolare, si è detto, e questo perchè, a Taranto, la Settimana Santa si comincia ad amare in tenerissima età. I bambini, infatti, sono gli altri grandi protagonisti di questi riti. Li vedi dappertutto: al pellegrinaggio, ai Sepolcri, alle processioni. Portati dai genitori, prima in braccio, poi sulle spalle, poi per mano, questi bambini cominciano subito, direi sin dalla nascita, a comprendere il significato dei riti penitenziali e la maniera-certamente insolita, comunque originale e diversa-dei penitenti di relazionarsi a Dio. Sono le immagini a produrre questi effetti. Le immagini e i segni...
...Taranto è città di millenaria storia. Ma del suo passato-a parte la storia-non conserva quasi più nulla. Le distruzioni, le spoliazioni, le ruberie-ci dicono-sono opera di barbari e conquistatori. E' vero. E' altrettanto vero però che spesso barbari siamo stati anche noi tarantini se, in diverse epoche, siamo stati capaci di distruggere e di demolire quel poco che i barbari veri e i conquistatori ci avevano lasciato. O non è vero forse-faccio solo qualche esempio- che le non poche testimonianze della Taranto greco romana (templi, strade, anfiteatri o soltanto ruderi di essi) che dal VI secolo in poi rimasero abbandonate nel territorio orientale furono poi definitivamente distrutte e sepolte con la nascita e l'espansione del Borgo? E non è  altrettanto vero che anche oggi, se nel corso di scsvi per le fondazioni di uno stabile o per la posa di cavi, tubazioni o altro, viene fuori qualcosa, subito ci si affretta a distruggere o a seppellire ancora più in profondità ciò che occasionalmente si è riportato alla luce?...
...La mania di distruggere, di cancellare il passato e di rinnovare ogni cosa non è stata limitata, naturalmente, ai soli edifici sacri, ma ha coinvolto un po' tutta la struttura urbana sia della città vecchia che del Borgo; è per questo che a Taranto sono stati letteralmente cancellati non pochi palazzi e palazzetti di epoche diverse, sono scomparsi bar, negozi e botteghe vecchio stile...
...Si continua a distruggere, a cancellare, a rinnovare scriteriatamente. Che cosa rimane allora in questa città del passato? Certamente le tradizioni che da secoli si rinnovano con immutato interesse e con sempre più crescente partecipazione. Nessuno è mai riuscito a demolirle anche se non sono mancati certi tentativi a volte decisamente ignobili; nessuno ha mai avuto il coraggio di respingerle totalmente, pur in presenza di critiche e polemiche dissennate. Nella sua stragrande maggioranza, la città, in ogni epoca, ha abbracciato con fede ed entusiasmo questa sua ricchezza del passato...
Ciò che resiste, insomma, che è rimasto immutato, che non ha subito influenze o trasformazioni sono proprio le tradizioni e soprattutto quella Settimana Santa che i tarantini hanno nel cuore e che i forestieri hanno imparato ad apprezzare e ad amare come i tarantini. Direi anzi che sono divenuti "cataldiani" anch'essi. Capaci di ritrovarsi, come i tarantini, nella dimensione preindustriale, nella semplicità delle cose del passato. Almeno in certe occasioni. Per fortuna ci son ancora le tradizioni. Guai a perderle: si perderebbe la fede, il fascino, il buon sapore di queste cose.
E se muoiono queste cose, muore l'anima, muore la cultura, muore il "paese"...

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