Ad un mese dalla sua scomparsa un commosso ricordo di don Angelo Mele da uno dei "suoi giovani"
Ringrazio di vero cuore il mio caro, carissimo amico Michele Riondino. Un mese fa, alla notizia della scomparsa di don Angelo Mele, non volli pubblicare nessun post. Ridursi semplicemente a dare la notizia mi sembrava un gesto superficiale e, oserei dire, offensivo nei confronti di don Angelo e nei confronti di ciò che don Angelo ha rappresentato e realizzato. Non ho avuto la gioia di poterlo conoscere, perciò mi sono messo alle calcagna di chi invece questo privilegio lo ha avuto. Questo il ricordo di Michele Riondino, uno dei "suoi giovani".
E’ già passato un mese da
quando l’esperienza terrena di don Angelo Mele ha avuto termine ed è iniziato
per lui quella vita ultraterrena alla quale noi tutti credenti aneliamo: una
vita di contemplazione Divina, una vita di Pace, una vita di Amore assoluto.
Eppure, per chi come me ha
conosciuto intensamente questo uomo, può sembrare strano sapere di un don
Angelo tranquillo, rilassato e contemplativo! Già me lo immagino ad organizzare
Premi di poesie, concorsi pittorici o dare Premi della Pace senza alcuna limitazione
o senza qualcuno che frapponga “ragioni di Stato” ad ognuno dei personaggi
premiati! E lì a premiare i vari Giovanni Paolo II, Padre Pio ed addirittura
tale Gesù Cristo! Unico cruccio potrebbe essere quello di non poter organizzare
un premio di poesie tra carcerati, visto il Luogo Santo dove sicuramente si
trova! Eppure, con la sua simpatia, col suo humour, con la sua grande azione
mediatrice, sarebbe capace di convincere il buon Dio che si potrebbe
organizzare qualcosa anche per coloro che sono in Purgatorio e – perché no! –
financo per coloro che sono all’Inferno!
Ecco in poche parole quello
che era don Angelo: organizzatore, trascinatore, politico nel senso più puro
del termine, uomo di pace, di carità cristiana, di amore infinito verso il prossimo,
un po’ esibizionista e – proprio per questo – tanto UOMO!
Eppure, sentendolo parlare,
di primo acchito, non faceva una grande impressione. Le sue omelie o le sue
catechesi molto semplici andavano approfondite prima che capite! La sua
giovialità, la sua giocosità, ma anche la sua fermezza in talune decisioni ne
facevano uomo di altri tempi ma sempre tremendamente attuale, moderno ed aperto
al futuro.
Mai una volta che si sia
opposto a qualcosa proposto dai “miei giovani” così come amava chiamarci. Mai
una volta che una sua proposta non sia stata prima discussa, approfondita e poi
realizzata. Mai una volta che non abbia detto: “Fate voi e fate piovere”! Mai
una volta che non abbia dato tutto il suo apporto a qualsiasi iniziativa fatta
per coinvolgere una comunità che sempre si è sentita un tutt’uno col suo
parroco. Anche quando qualcuno cercò – probabilmente perché fomentato da
persone invidiose – di defenestrarlo, mettendolo in cattiva luce nei confronti
dei superiori, la comunità si sentì un tutt’uno con lui e, con lui, affrontò
tutte le sfide che un territorio di frontiera come la Città Vecchia offriva
giorno dopo giorno.
Un prete estremista: ecco
cosa era anche don Angelo. Accettava disinteressatamente le sfide più ardue,
con l’aiuto di una comunità sempre pronta a sostenerlo in ogni sua impresa.
Un prete sempre disposto a
dare il suo, pur di tenere unito il suo gruppo.
Ricordo il danaro speso di
tasca sua per acquistare dei locali da mettere a disposizione della Parrocchia,
visto che San Domenico ne era sprovvisto. Locali fatiscenti in via Cava,
restaurati e portati a lucido da tutti i suoi parrocchiani: furono il fulcro di
una miriade di attività pastorali, culturali e ricreative che resero per
davvero, quel tratto di Isola, centro propulsore di amicizia ed amore verso il
prossimo.
Quante belle amicizie,
quanti rapporti sinceri, quanti amori sbocciati in quei locali.
Quanti uomini e donne
semplici, diventati fari per quella comunità. Ricordo con piacere: zio Nanino,
Ciccio Pignatelli, Antonio “Sapone”, zia Addolorata, zia Nunzia, Tonino u’
scianare e tanti altri.
Quante partite di ping pong,
di scopa, di tre sette; quante spaghettate, pettolate, mellonate; quante mostre
di pittura o di foto, in collaborazione con i vari Allegretti, Carriero,
Giudetti.
Ricordo quando, su proposta
di qualcuno più anziano, si riprese la processione di Mamma Sant’Anna. Tornei
di calcio, corse podistiche, tornei di ping pong vendita di oggettini,
lotterie: tutto serviva per quella festa, per la processione, per la banda, per
il complessino folk che, immancabilmente, suonava tutti gli anni. E la gente
rispondeva. E se del danaro rimaneva da quei festeggiamenti, lui non pretendeva
niente: tutto andava nelle casse del “gruppo” che lo utilizzava nel corso
dell’anno per tutte le attività.
Un prete dotato di tanto humour.
Ricordo, per esempio, quella volta che per l’ultimo giorno di Carnevale fece
confezionare una decina di manifesti “comico-funebri” per Tonino del bar o “u’
scianare”, suscitando l’ilarità di tutti gli abitanti della zona che ben
conoscevano il personaggio e di Tonino stesso che da quel momento prese “indre
a u’ core” – come era solito dire delle persone che aveva più a cuore – don
Angelo!
Ricordo di quella volta che
gli si presentò un giovane che voleva diventare Confratello dell’Addolorata,
chiedendogli quali documenti bisognasse allegare a tale domanda e lui,
candidamente, gli disse: “…un certificato di esistenza in vita, da farsi
esclusivamente presso la Cappella del Cimitero, da don Peppino, ed un
elettroencefalogramma – possibilmente – piatto, da farsi presso l’ospedale
vecchio”! Il giovane, molto ingenuamente, seguì pedissequamente le indicazioni
di don Angelo con conseguenze che tutti potete immaginare.
Un prete che tanto ha dato
anche alla Confraternita dell’Addolorata e che, sfidando tutto e tutti, è
riuscito – con l’aiuto del Professor Liuzzi e del Cavaliere De Vincentis – a
ridargli dignità, dopo anni di buio e commissariamento, che avevano ridotto ai
minimi termini la nostra gloriosa Confraternita e che lui ha sentito “sua” fino
all’ultimo momento della sua vicenda terrena, indossando la cotta donatagli
dalla Confraternita con sopra impressa l’immagine della Vergine Addolorata.
Un prete con lo sguardo
proiettato sempre verso il domani. Una delle ultime volte che lo abbiamo
incontrato, durante una funzione presso San Roberto, dove il Coro Alleluja –
altra creatura fortissimamente voluta da lui – si era recato per animare,
vedendolo preoccupato, una di noi chiese: “Ce jè, don A’”? Rispose: “Sto
organizzando il mio settantesimo anniversario di sacerdozio e non so ancora
dove fare il ricevimento poiché, oltre noi, verranno anche i miei giovani di
San Severo (n.d.r.: erano giovani negli anni ’50 quando era Parroco nella
cittadina dauna e per lui lo erano ancora!)”! “Don A’: ma jè quist’anne a
feste”? “No: fra tre anni!” fu la sua risposta!
Un uomo semplice. Un
pilastro per la Chiesa di Taranto. Mai adeguatamente celebrato, né abbastanza
apprezzato.
Un prete che ha realmente
lasciato un vuoto in tutti coloro che lo hanno affiancato nel tempo e
conosciuto intensamente ma che non può che suscitare che ricordi solo piacevoli
ogni qual volta se ne ricordi un fatto o un avvenimento.
Un Prete. Un Uomo. Un
Grande!
Ciao, don Angelo!
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