Nonostante tutto...c'è chi li accusa di esibizionismo

Articolo tratto da "Taranto tradizionale"

"Se per luogo comune si suole definire gli italiani un popolo di tecnici calcistici e di presidenti di Consiglio, limitando l'eufemismo alla sola popolazione tarantina, si potrebbe parlare di un'intera città di esperti in Settimana Santa.
Quante volte, credetemi, fin troppe, passeggiando tra la folla che si accalca sui marciapiedi delle vie su cui si snodano le processioni del Giovedì e Venerdì Santo, ho ascoltato commenti, critiche, vere e proprie dissertazioni sul valore ed il significato dei Riti della Settimana Santa tarantina.
Forte, anzi, incontenibile è stata più di una volta la tentazione di untromettermi nelle discussioni di queste persone ma, per mia fortuna, ho sempre saputo controllare questo istinto, sebbene le assurdità e le diffamazioni nei confronti di quei poveretti, mi riferisco ovviamente ai confratelli, superavano i limiti della tolleranza.
Disinformazione, ignoranza, superficialità, queste sono state le risposte che mi sono sempre dato per giustificare tanta incompetenza e malignità. In seguito, però, riflettendoci bene e seguendo un semplice ragionamento logico, sono arrivato finalmente a capire che infondo non è solamente questione di incompetenza o disinformazione, c'è qualche cosa di più profondo e di più sottile che spinge certe persone a parlare ed agire in questa maniera.
La penitenza, l'intima sofferenza, quel mistico rapporto che ogni uomo instaura con il proprio Dio, è stato sempre, dalla maggior parte, considerato come un qualche cosa di estremamente personale, necessariamente privato e riservato, quasi una relazione segreta con il proprio essere da tenere nascosta,lontana da occhi ed orecchi indiscreti. Le processioni della Settimana Santa tarantina, invece, sono praticamente una vera e propria manifestazione pubblica e tangibile di penitenza che i confratelli concretizzano con il lento incedere del loro passo, sotto il peso di una statua mestamente composti nel candore dei loro abiti di rito.
Ecco quindi di fronte due modi di sentire, di esternare la propria spiritualità, il proprio amore verso il mistero della Passione e dell'intera cristianità. Inevitabile è la reazione di coloro che reprimono e soffocano tale sensibilità o addirittura non si pongono minimamente il problema del pechè: schernimento, derisione, offese, critiche, quasi un voler additare quella schiera di persone che ha il coraggio di dimostrare pubblicamente l'amore per Cristo, di voler partecipare al Suo dolore con il loro.
E questo dunque, il vero senso della Settimana Santa tarantina, ben vengano le ragioni storiche, culturali, sociologiche, ma soprattutto, un legame attuale, direi contemporaneo, con Dio, sublimato nell'interpretazione di una ritualità penitenziale.
Questo significato, purtroppo, sfugge non solo a coloro che assistono in maniera disinteressata ai Riti tarantini, ma anche e soprattutto a chi vive ed opera all'interno di questo mondo, prodigandosi, inutilmente, per una falsa e patetica divulgazione del fenomeno Settimana Santa, attribuendo ad essa dei valori inesistenti ed addirittura degradanti.
In questo momento particolarmente felice per i Riti pasquali, in piena ondata di riflusso per le tradizioni e le "cose" di un tempo, si avverte uno sgretolamento dei valori più puri ed essenziali, una tendenza alla spettacolarità e alla teatralità in contrapposizione alla spiritualità ed al senso religioso.
Sarebbe bene, quindi, riflettere un tantino di più, mettersi una mano sulla propria coscienza insomma, prima di esprimere dei giudizi su questo sia pur complesso ed innafferrabile mondo della Settimana Santa tarantina che, con l'aiuto e l'appoggio degli appassionati e dei cittadini tutti può, anzi deve diventare un momento di collettiva aggregazione, affinchè i confratelli penitenti si sentano parte integrante della folla che si stringe intorno a loro come in un fraterno e caloroso abbraccio."

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